Expo 2015 chiude tra pochi giorni. Ci piace definirla “avventura Expo”, per il modo incerto in cui l’Esposizione Universale è iniziata e per la quantità incredibile di voci contrastanti, entusiaste o furiose, che si è portata dietro sino alla fine. Mentre le ultime, interminabili, code affollano i cancelli dell’ingresso e dei padiglioni, vogliamo dare alcuni spunti di riflessione. Non ci interessa sapere se Expo 2015 è un evento riuscito, quanto è stato apprezzato o criticato; vogliamo capire se è stato affiancato da una strategia di comunicazione opportuna e se il messaggio è risultato chiaro.
Avventura Expo era difficile da comunicare.
Difficile ci sembra anche dare una valutazione, dal momento che gli elementi da considerare sono diversi e, a volte, si mescolano confondendo le carte. Un conto è analizzare il piano di comunicazione di Expo, in quanto istituzione e organizzazione generale dell’evento: un’avventura nell’avventura, costellata di voci polemiche, soprattutto sui social media, ma anche di giudizi positivi. E’ stato osservato che il consenso attribuito alla fiera è andato via via crescendo da maggio ad oggi. Per provare a dare uno sguardo imparziale, ricordiamo anche che i giudizi negativi tendono a essere ricordati di più di quelli positivi.
Expo 2015 ha mostrato gli effetti “a macchia d’olio” tipici dei social media.
Sono stati Twitter, Facebook e la rete in genere i canali che hanno veicolato molte delle opinioni più influenti sull’evento. Expo 2015 aveva, inoltre, un tema specifico, attorno al quale tutti i Paesi partecipanti erano invitati a condurre il proprio lavoro, nell’esposizione e nei progetti. “Nutrire il pianeta, energia per la vita” doveva essere il fulcro dei contenuti.
Il tema dell’alimentazione sostenibile è, ad oggi, problematico.
Ad Expo si era chiamati a cercare delle soluzioni. Quello che è successo, del tutto prevedibile, è stato un insieme non strutturato di risposte: alcune ottime, alcune propositive, altre poco coerenti e in contraddizione tra di loro. Avventura Expo è stato un caleidoscopio: né più né meno come il mondo stesso, complicato da esigenze di mercato, questioni politiche, ma anche divergenze reali sul modo di intendere un tema comune.
Comunicare un tema complesso al grande pubblico è stato impegnativo.
Questo è stato il punto più delicato. Comunicare, in modo efficace, un tema delicato come quello dell’alimentazione sostenibile era una sfida. Molti padiglioni ci sono riusciti; per molti altri, si è trattato di un esperimento. Quale era la strada migliore? Indulgere nella scenografia e nella cura degli ambienti, dare un’esperienza multimediale e multisensoriale, comunicare attraverso i tradizionali pannelli scritti o presentando la tradizione gastronomica nazionale?
Expo 2015, infine, ha comunicato nel modo migliore?
Forse una risposta puntuale potrà darsi in seguito, con maggiore lucidità e a fronte di dati definitivi . Certo, “avventura Expo” ha dimostrato, in modo significativo, che comunicare è un processo tutt’altro che facile e non del tutto imprevedibile.