Digitale in Italia, come e perché

Martedì 5 luglio Assinform e Confindustria Digitale hanno presentato lo studio “Il digitale in Italia nel 2016”. Niente di nuovo sotto il sole, direbbero gli esperti, oppure sì: alcuni dati  mostrano che gli investimenti in tecnologie e innovazione, nelle aziende, sarebbero in crescita.
La strada sembra ancora lunga, la tendenza non è consolidata in tutte le tipologie di imprese ma vogliamo essere ottimisti. Secondo la ricerca, le premesse per una trasformazione competitiva delle organizzazioni non mancano.

 

Martedì 5 luglio, Teatro dal Verme, assolata mattina d’estate nel centro storico di Milano. Assinform, Confindustria Digitale, NetConsulting cube e gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano accendono i riflettori sulla questione delle questioni dell’economia nazionale: il digitale in Italia. Questo post non vuole aggiungere nulla, ma riportare qualche numero e dare alcuni spunti di riflessione, utili al management delle imprese e al mondo della comunicazione.

Il mercato digitale in Italia cresce, in alcune aree specifiche: Internet delle cose, Cloud, Big Data, piattaforme per il web, mobile business e sicurezza.

La ripresa degli investimenti sarebbe guidata per la maggior parte dalle grandi imprese e riguarda, questo è il lato positivo, quegli ambiti in cui i progetti vanno verso la crescita in infrastrutture e di potenzialità nuove. Iot, Internet delle cose, è dato a + 14,9 per cento; il Cloud al 23,2 per cento: i Big Data al 24,7 per cento. Vanno molto bene anche le piattaforme per il web e per il mobile, il segmento più interessante degli ultimi anni per raggiungere i clienti finali, ma anche per facilitare il lavoro in ambito business to business. Agostino Santoni, presidente di Assinform, le ha chiamate “tecnologie abilitanti” e ha osservato che l’incremento a due cifre fa ben sperare, rispetto a quei servizi per il digitale in Italia che invece crescono a una cifra.

Per Santoni:  “è in atto un vivace e robusto fenomeno di infrastrutturazione innovativa, che riguarda ancora una frazione troppo limitata del Paese”.

Le piccole e medie imprese, infatti, restano troppo spesso ai margini di questo trend. “Soprattutto le piccole e medie imprese, che costituiscono il 99 per cento del nostro tessuto produttivo e più del 50 per cento del Prodotto Interno Lordo, così come gran parte della Pubblica Amministrazione, continuano a rimanere ai margini dell’evoluzione digitale”.

Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, ha aggiunto: “Deve essere chiaro che qui oggi non stiamo discutendo di digitale in senso stretto, ma di competitività e crescita dell’intero Paese”.

Nulla di più esaustivo di questa parola: competitività.Non si varano progetti nuovi perché è di moda e non si rinuncia a farli perché “è meglio aspettare”. Lavorare per il digitale in Italia, investire risorse, tempo, formazione deve avere una sola motivazione: far crescere l’impresa.

Come ha dichiarato Santoni: “La cultura del digitale (…) può e deve diventare patrimonio comune di tutte le imprese e amministrazioni pubbliche. Secondo noi è il momento di spingere con determinazione in questa direzione”.