Fake news e immagine aziendale

Parliamo di fake news e immagine aziendale dopo l’evento SMMDAYIT che si è svolto a Milano, mercoledì 19 aprile, dal titolo “Social media e fake news”. Il convegno trattava  il rapporto tra giornalismo, notizie verificate e bufale: il tema delle fake news resta importante anche per quanto riguarda la comunicazione aziendale. Riflettere sul modo in cui circolano le informazioni sul web e sugli antidoti per contrastare le informazioni sbagliate è utilissimo. Il nodo della questione è un elemento decisivo nelle strategie di branding: si chiama authority, autorevolezza della fonte.

 

Perché parlare di fake news e immagine aziendale?

Abbiamo già scritto di fake news e comunicazione aziendale, sottolineando come un’informazione falsa o deviante, se coinvolge un marchio, rappresenta un danno di reputazione.
Per trattare in modo più accurato l’argomento ci chiediamo:

Che cosa sono le fake news?

Le fake news sono notizie false, costruite deliberatamente.

In gergo giornalistico le bufale si possono associare alle “notizie verosimili”: fatti che potrebbero accadere,  e quindi credibili. Tecnicamente, le fake news o bufale sono notizie verosimili, ma inventate: costruite a tavolino per richiamare l’attenzione e diventare virali.

Esperti di comunicazione e informazione sanno che le notizie false sono sempre esistite: i social media, però, ne hanno amplificato la forza. Il grado di interesse per le fake news, sulla Rete,  è molto alto, per  tutti i siti che vivono di pubblicità e di “click”.

Nel corso dell’evento SMMDAYIT è  stato Luigi Contu, direttore  di Ansa, a presentare il metodo e la professione del giornalista come un primo baluardo contro le fake news.

Che cosa fa un giornalista quando ha una notizia?

Prima di tutto, ne considera la fonte: cioè chi ha riportato il fatto. Dopo aver stabilito che la fonte è credibile, la notizia viene analizzata ancora. Il metodo giornalistico richiede di analizzare il fatto, cercando di capire il più possibile come e perché è accaduto e provando a mettere insieme una storia coerente.

Nel corso di questo lavoro – il percorso dalla notizia all’articolo – il giornalista verifica i fatti, si confronta con altre fonti, chiede conferma a testimoni diretti e indiretti. Il fact checking, se condotto da un giornalista scrupoloso, mette al riparo da una buona parte di errori e informazioni poco corrette e quasi sempre arriva a confutare una bufala.

Dal punto di vista del giornalista, tutto questo sembra abbastanza chiaro e relativamente semplice.
Qual è, invece, lo strumento che ha in mano il lettore, per riconoscere una bufala da una notizia verificata?

Come ha detto Luigi Contu, la risposta sta sempre nel controllo della fonte. Anche chi legge o naviga su Internet dovrà chiedersi:

Chi lo ha detto? Chi scrive di quel fatto?
La notizia si trova su un social network – cioè circola in un passaparola di amici e contatti, senza poter identificare il primo che l’ha introdotta- ?
La notizia si trova su un sito di notizie ambiguo e di dubbia origine?
La notizia si trova su un giornale registrato al Tribunale?
La notizia si trova su un’agenzia di stampa o sulla versione on line di una testata giornalistica?

Questo metodo  – insieme a un’analisi testuale di come viene riportata la notizia – è uno dei pochi efficaci per riconoscere le fake news.

Quale rapporto, allora, si instaura tra fake news e immagine aziendale?

Il suggerimento dato da Contu, per il lettore, si può tradurre in una parola: autorevolezza della fonte. Se una notizia viene riportata da una fonte accreditata, come si suppone debba essere una testata giornalistica, costituita da professionisti competenti, la probabilità che si tratti di una bufala è ridotta.

Il messaggio che arriva dal convegno SMMDAYIT , per le aziende, si potrebbe interpretare così: il brand è considerato autorevole sul mercato?

L’immagine aziendale è solida, credibile per il cliente finale?

Da questi elementi dipenderà la capacità dell’azienda di proteggersi dal rischio di reputazione e dalla diffusione di eventuali notizie false sul suo lavoro.