Nel nostro ultimo post, Facebook e giornalismo, abbiamo provato a riflettere sul modo in cui i social network cambiano la fruizione dei giornali e dei contenuti. La questione ci sembrava talmente complessa che abbiamo ridotto al minimo le valutazioni. Nel frattempo però, altri articoli hanno posto agli onori della cronaca il potere dei social media nell’influenzare le nostre opinioni. Facebook stesso avrebbe condotto degli esperimenti, per testare il rapporto tra i contenuti visibili a ciascun utente e alcune decisioni (per esempio, di natura politica). La nostra domanda è: i social media sono davvero così diversi dalla carta stampata, quanto al potere sull’opinione pubblica?
Nel 1952 Humphrey Bogart, nel film “L’ultima minaccia”, sintetizzava in una battuta memorabile il potere inarrestabile di una notizia, una volta giunta alle rotative. Minacciato perché in possesso di una notizia scomoda, il giornalista risponde: “Non si tratta più di me…dovresti uccidere tutti i giornali del paese…fintanto che un solo giornale stampa la verità, tu sei spacciato(… )E’ la stampa, bellezza”.
Altri tempi, vero? Humphrey Bogart parla di “verità”; quello che interessa a noi è il ruolo che attribuisce alla carta stampata come divulgatore, e quindi, detonatore, di una notizia che, dopo, non può più restare nell’ombra. Oggi abbiamo il problema contrario: le notizie sono troppe, un “mosaico troppo grande”, tanto che abbiamo bisogno di un sistema – come un social network, ad esempio- che le selezioni.
Il potere dei social media sta nel fatto che, al loro interno, è più probabile leggere alcune notizie rispetto ad altre, ma in che modo? L’algoritmo calcola le preferenze che abbiamo dimostrato in passato, ma quello che figura più in evidenza all’utente Facebook potrebbe essere influenzato anche da investimenti pubblicitari di terze parti e strategie di inbound marketing. La modalità è diversa, ma di fatto accade, nei social media, qualcosa di analogo alle prassi più conosciute nella carta stampata, perché la pubblicità da sempre ha influenzato i giornali.
Il problema: gli interessi economici che si muovono dentro i social network non sono, attualmente, visibili e comprensibili alla gran parte dei lettori. Inoltre, il potere di propagazione dei social media è maggiore di quello delle rotative. Per molti osservatori si affaccia lo spettro del “grande fratello”: al posto della “verità”, orgogliosamente scoperta da Humphrey Bogart, troviamo contenuti che ci sembrano, più di prima, manipolati o manipolabili.. E’ davvero così? Che conseguenze può avere questo sistema sulla comunicazione e sul lavoro delle aziende? Davvero basta “pagare” un po’ di pubblicità per direzionare un mercato?
Editoria & immagine si sente di rispondere: il “Grande Fratello” non esiste, esiste qualcosa di più complesso e interessante. La buona notizia, per le aziende, i giornalisti e gli uffici stampa, nel fatto che i social media sono davvero canali strategici per entrare in contatto con clienti e potenziali clienti. Si tratta di conoscerli, di utilizzarli bene, con investimenti, ma anche cognizione di causa, responsabilità.
Il potere dei social media è grande anche e soprattutto perché si tratta di strumenti relativamente nuovi, verso i quali siamo più sensibili e ricettivi, mentre per televisione, radio e giornali ci sentiamo più abituati e anche più sicuri. D’altra parte, la letteratura dei fallimenti di strategie di marketing, sui vecchi e nuovi canali, sta a confermarci non solo che ci vuole competenza sugli strumenti ma anche che, come in tutti i progetti che stanno sul mercato, resta un margine di rischio. I nostri lettori, utenti, clienti finali, non vanno mai sottovalutati: pensiamo a loro come persone, non come contenitori da riempire. Ci riveleranno delle sorprese.