Dal post di settimana scorsa, Pianificare pubblicità sui giornali, alcuni professionisti e partner di Editoria & Immagine hanno ricavato molti spunti di riflessione. Vogliamo tornare a parlare di advertising, sui canali on line e sulle riviste cartacee, perché sappiamo che è un nodo centrale, oggi, per definire strategie efficaci di comunicazione. Questa settimana ci viene incontro una ricerca, pubblicata pochi mesi fa, che ha studiato le tendenze degli investimenti in pubblicità e ha dato alcune direttive per il 2016.
Le stime di Magna Global sul mercato globale dell’advertising sono state divulgate tra fine 2015 e le prime settimane di gennaio. Guardiamo ai numeri che riguardano l’Europa.
I ricavi pubblicitari sono cresciuti nel 2015.
Il segno “più”, che piace agli analisti e agli operatori, ha, in realtà, numeri significativi soprattutto in Spagna e nel Regno Unito.
In Italia, il mercato dell’advertising è dato a + 2,4 per cento.
I dati considerati nel dettaglio ci dicono qualcosa di più. Sono diminuiti gli investimenti in pubblicità sui canali televisivi e sui giornali; sono scesi, ma un po’ meno, i progetti sulle radio. Sono aumentati, invece, i progetti sui canali digitali: video on line, attività sui social media e dispositivi mobili.
Le previsioni di Magna Global sul 2016 confermano il dato. L’interesse per le aziende per la pubblicità sul web 2.0 e sul mobile è in fase progressiva: le percentuali di crescita hanno cifre sopra il 10 per cento, sfiorando punte ancora più alte per i progetti su smartphone. Non è una novità ed è quello che ci si aspetta dal mercato.
L’aumento della pubblicità sui canali digitali è una risposta alle nuove abitudini dei consumatori.
Sempre connessi, always on, soprattutto con lo smartphone, sempre più attivi sui social media: è il ritratto dei clienti, anche italiani, che abbiamo provato a delineare più volte da questo blog, come suggerito da diverse ricerche di mercato.
Gli scettici, peraltro, hanno l’impressione che le risorse in pubblicità si siano spostate dai canali tradizionali ai digitali, senza aumenti importanti della spesa complessiva.
Lo sviluppo dato al +2,4 per cento è una cifra che non piace ad alcuni, che avrebbero voluto vedere numeri più alti. I più critici sollevano il dubbio che la tendenza delineata appartenga solo alle aziende con maggiori disponibilità di spesa.
Definire un piano di comunicazione pubblicitaria, oggi, è molto più complesso rispetto al passato.
Media tradizionali e canali digitali si escludono a vicenda?
Le strategie di advertising sono in grado di adattarsi alle differenze insite in ciascun canale?
La scelta del management sugli investimenti è consapevole o dettata solo dal bisogno di stare al passo con i tempi?
Ad oggi, sono domande a cui è possibile dare molte risposte diverse.