Sicurezza, le domande giuste

Avevamo in programma un altro post questa settimana. La tragedia di giovedì 9 aprile al tribunale di Milano ha cambiato le carte in tavola. Quel giorno infatti la protezione di un luogo così importante come il tribunale è venuta meno e la strategia di sicurezza adottata ha mostrato un macroscopico punto debole. Anche solo accennare a quel fatto di cronaca fa male al cuore e non vogliamo, d’altronde, dare consigli a nessuno o spiegare come si fa sicurezza in luoghi pubblici, sensibili, frequentatissimi. Noi poniamo solo delle domande, speriamo utili e delle osservazioni di metodo.

 

La sicurezza deve coinvolgere tutti i punti di accesso.

E’ umano concentrarsi sull’ingresso principale, considerato più visibile ed esposto. Un luogo pubblico terrà rigorosamente sotto controllo il suo primo punto d’accesso, così come, in una casa privata, il proprietario penserà a proteggere la porta di ingresso . Non bisogna mai, peraltro, perdere di vista gli accessi secondari: chi vuole entrare in modo illecito, infatti, li cercherà con attenzione.

La sicurezza è una strategia.

Non ci stanchiamo di ripeterlo perché è quello che dicono, in modo ossessivo, gli esperti di security in ogni settore. La tecnologia non vale nulla se a monte non c’è stata un’analisi dei rischi e una pianificazione degli interventi. Le strategie di difesa cambiano in relazione al grado di esposizione al pericolo. L’analisi preliminare tiene anche in considerazione quante persone frequentano abitualmente il luogo da proteggere.

La strategia si può e si deve rivedere.

Il mio edificio è nato per ospitare un afflusso di una media di 40 mila persone al giorno e oggi ne arrivano quattro volte tanto? Il contesto generale è cambiato? Le altre misure di sicurezza che erano state previste sono venute meno, per un motivo contingente qualsiasi?

La sicurezza totale non esiste.

Amara verità. La sicurezza è una soglia ideale, perché un margine di rischio resta sempre possibile. Si chiama guasto tecnico, errore umano, fatalità, bug informatico. Proprio per questo è importante avere una strategia intelligente che abbia lo scopo di ridurre al minimo l’eventualità di un incidente. La persuasione che la “sicurezza totale non esiste” non è un argomento valido per attivare procedure grossolane e imprecise.

Il piano di protezione deve essere praticabile.

Una policy troppo rigida, che non ha tenuto conto del rapporto tra rischi e benefici e impone prassi di comportamento poco funzionali, ha molte probabilità di essere disattesa. E’ un po’ come acquistare una porta blindata elettronica pur senza avere familiarità con la tecnologia e senza volerla apprendere. Se la porta verrà chiusa, per negligenza, solo con il pomolo, evitando tutte le mandate, la sicurezza dell’ingresso sarà vanificata.
Le soluzioni per dare alla sicurezza un volto realmente agibile ci sono, ma bisogna pensarci prima.